Oggi sono un po’ affranto. Un amico mi ha fatto avere il libro “Internet e Minori” pubblicato dall’omonimo comitato di autoregolamentazione che opera presso il Ministero delle Comunicazioni. Una bella pubblicazione con tanti principi e propositi che condivido e che ho condiviso, principi che con un po’ di orgoglio voglio ricordare a me stesso di essere stato autore.
Non sono dispiaciuto perché non c’è stato alcun riferimento a chi quel codice deontologico lo ha scritto, e neanche perché non c’è stata alcuna spiegazione al contesto nel quale è nato. Tutto di un colpo il comitato si è scordato della sua genesi, della sua storia, delle sue caratteristiche, del suo mandato, prostrandosi alla vergogna di essere nato qualche anno fa e vergognandosi di se stesso. Sono dispiaciuto perché ho tanti amici e tante persone che stimo tra coloro che di questo comitato fanno parte, persone sulla cui nomina e sul cui mandato certamente ho speso più di una parola, dei professionisti. E sono dispiaciuto perché queste persone oggi hanno paura di dire quello che pensano, pensando di non trovare una politica in grado di capirli e di ascoltarli. Provo dispiacere perché credo che questo comitato si sia involuto da solo, nella sua paura di non essere ascoltato e compreso dal Governo e non nella mancanza di ascolto delle amministrazioni preposte alla sua nomina. Voglio dire che la mancanza di attività di questi mesi è sintomo di un male che sta attraversando il comitato al suo interno e che impedisce di rappresentare i valori e i principi di difesa dei minori in rapporto alle tecnologie e al mercato delle telecomunicazioni.
Voglio ricordare, sempre a me stesso che quel codice lo ho scritto, con l’aiuto di tante persone che poi nel comitato non sono entrate, che lo scopo principale del codice deontologico è stato quello di proporre un modello alternativo ad alcune proposte di legge che proponevano il modello del controllo invasivo sulle reti, proposte che tante volte sono state scongiurate. Un controllo che non poteva essere messo in atto, per ragioni economiche, ma anche per ragioni di carattere tecnologico che lo avrebbero reso inadatto a contrastare il crimine e gli abusi contro i minori. E’ stata questa visione dello sviluppo della rete che ha consentito una maggiore collaborazione con le forze dell’ordine e anche la riduzione del fenomeno. Il codice rappresenta tuttora un esempio di modelli di comportamento con i quali confrontarsi. E’ una raccolta di valori che continuano ad essere apprezzati oltre il nostro Paese, in Europa e nel mondo del quale dovremmo andare fieri.
Agli amici di ieri e di oggi che continueranno a lavorare sul progetto chiedo di credere di più nel loro ruolo e di essere più coraggiosi, perché cari amici vi state fermando da soli, senza che nessuno vi abbia dato uno stop. Il codice non ha mai avuto un colore politico, non è mai stato di destra, non è mai stato di sinistra. E’ stato ed è un codice di autoregolamentazione che nasce dal lavoro di ricercatori universitari, rappresentanti delle istituzioni, uomini delle forze dell’ordine, associazioni di volontariato, associazioni di genitori, associazioni di Internet provider, operatori di telecomunicazioni. E’ un mondo variegato che ha portato alla genesi del codice, sotto comunque l’impulso del Governo precedente.
Sono dispiaciuto perché in questi mesi si sente parlare di una convergenza tra le competenze dei comitati “Tv e minori” e “Internet e minori”, convergenza che mi auguro non avvenga perché vorrebbe dire mettere sullo stesso piano la normativa del settore televisivo con quella delle telecomunicazioni. Credo che nessun operatore del settore possa ritenere questo processo auspicabile. Sono convinto che se la spinta amministrativa di razionalizzare comitati di applicazione di codici deontologici diversi e che operano su settori distinti non sarà fermata, la responsabilità non sarà del regolatore, ma di chi non ha spiegato le ragioni per cui questi comitati sono diversi tra loro. Se si arriverà ad un unico comitato con competenze televisive e telematiche si metteranno sullo stesso piano principi opposti di prevenzione, contrasto, collaborazione e in tema di sanzioni. E la responsabilità non sarà di chi ha l'esigenza di riorganizzare, ma di chi non ha spiegato perché i comitati sono tre, non uno, e perché il comitato “Internet e minori” è nato per ultimo, quali sono le sue debolezze e quali i suoi punti di forza, quali sono i risultati che ha ottenuto e cosa distingue Internet dalla televisione.
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2 commenti:
Ti capisco e condivido, a me è successa la stessa cosa più volte ma non mi sorprende (dal progetto Onde con la prima Carta dei diritti dei bambini in rete al progetto Fataturchina al Clusit).
Condivido il tuo invito a non mollare e infatti io tengo botta su questo tema da più di dieci anni.
Se ti può consolare ho letto una bella frase: "Per quanto cerchiate, non troverete in nessun posto una statua dedicata a un comitato"
Con affetto.
Gigi
Gigi, grazie del messaggio!!
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